Assegno bancario

Titolo di credito contenente l’ordine incondizionato, rivolto a una banca, di pagare a vista una certa somma alla persona del beneficiario indicata

L’assegno bancario è un titolo di credito contenente l’ordine incondizionato, rivolto a una banca, di pagare a vista una certa somma alla persona del beneficiario indicata nel titolo stesso. Può essere emesso all’ordine (cioè a favore di una determinata persona e da questi trasferibile mediante girata), o al portatore (cioè pagabile a chiunque lo abbia in mano e trasferibile mediante girata o con la semplice consegna).
Per questa sua caratteristica di contenere un ordine di pagamento e, quindi, di identificare tre diversi soggetti (traente, trattario e beneficiario) la sua struttura formale è paragonabile a quella di una cambiale tratta.

Esiste una regola fondamentale riguardo all’assegno bancario: quando il traente lo emette deve avere sul c/c aperto presso la banca-trattaria la somma indicata sul titolo. L’assegno, quindi, deve essere coperto e ne consegue che sul conto corrente devono esistere fondi disponibili per pagare l’assegno tratto su di esso. La possibilità che un assegno possa essere scoperto rende molti creditori piuttosto riluttanti ad accettarlo come forma di pagamento.

I requisiti formali obbligatori dell’assegno bancario sono i seguenti:
• la dicitura assegno bancario, che è prestampata;
• l’ordine incondizionato alla banca di pagare la somma indicata (anche questo prestampato);
• la somma in lettere e cifre (qualora ci sia difformità tra le due quantità, prevale la somma scritta in lettere);
• il luogo di pagamento, ovvero il Comune ove si trova la filiale della banca (già prestampato);
• il luogo di emissione, che serve a determinare i termini per il protesto;
• la data di emissione, che serve anch’essa per calcolare i termini per il protesto, ma anche la valuta di addebito dell’assegno sul c/c del traente-correntista;
• il nome del beneficiario, che, però, può essere lasciato in bianco (o con dicitura “portatore”) nel caso di assegno emesso al portatore (quando chiaramente la legge antiriciclaggio permette di farlo);
• la firma del traente-correntista, che è sicuramente l’elemento più importante, senza il quale l’assegno non è più tale, ma è solo un pezzo di carta.

È vietato l’assegno post-datato, cioè l’assegno con una data di emissione successiva alla data in cui è emesso, perché in questo caso il titolo equivale a una cambiale, senza, però, averne i requisiti fiscali (mancanza del bollo).

Per quanto riguarda la circolazione dell’assegno, ricordiamo che essa risente molto della Legge antiriciclaggio. Infatti, sussiste il divieto di emettere assegni “trasferibili” aventi un importo pari o superiore a euro 1.000, altrimenti si viene sanzionati. Di conseguenza, gli assegni d’importo pari o maggiore di 1.000 euro devono tutti contenere la clausola “non trasferibile”.
Fa eccezione l’assegno emesso all’ordine proprio (a me medesimo), che può essere trasferibile per qualsiasi importo, ma deve essere pagato solamente a chi lo ha emesso.
Il nome del richiedente assegni liberi è memorizzato dalla banca, e messo a disposizione dell’Agenzia delle Entrate.

È possibile apporre delle clausole per limitare la circolazione dell’assegno:
• non trasferibile, clausola che quindi può essere apposta, facoltativamente, anche sugli assegni d’importo inferiore a 1.000 euro;
• da accreditare, se si vuole che l’assegno non sia cambiato al beneficiario, ma sia da questo obbligatoriamente accreditato sul suo conto corrente;
• “sbarramento” dell’assegno, la quale fa sì che, per ragioni di sicurezza, l’assegno possa essere pagato soltanto a un cliente della banca ove è posto all’incasso (quindi non a un soggetto che non ha rapporti con la banca negoziatrice);
• non all’ordine, che impedisce al giratario di girare a sua volta l’assegno.

La banca paga l’assegno solamente se ci sono i fondi sul conto corrente di chi lo ha emesso e se lo stesso dispone di un fido. In caso contrario, l’assegno viene considerato scoperto.
Che cosa succede in questo caso? Occorre sottolineare che l’assegno costituisce un titolo esecutivo, vale a dire un titolo che non ha bisogno di provvedimenti da parte di un giudice per condannare il debitore al pagamento. Il beneficiario avrà, pertanto, diritto ad agire in giudizio per farsi dare dal traente la somma indicata nell’assegno. Per obbligare giudizialmente il debitore al pagamento, è sufficiente che il creditore eserciti la cosiddetta “levata del protesto”.