Collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co)

Forma di rapporto di lavoro che riguarda prestazioni riconducibili allo schema generale del lavoro autonomo.

Si tratta di una forma di rapporto di lavoro che riguarda prestazioni riconducibili allo schema generale del lavoro autonomo.
L'art. 2 del D. Lgs. 81/2015 ha previsto che si applica la disciplina del lavoro subordinato nei rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative, le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento “ai tempi e al luogo di lavoro“ (cosiddetta etero-organizzazione). 
La legge stabilisce che l’art. 2 sopra indicato non si applica alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per cui è obbligatoria l'iscrizione all'Albo professionale (e quindi riguarda anche i farmacisti iscritti all'Albo).

N.B.: Si segnala però che il ministero del Lavoro, nella circolare 3/2016 del 1 febbraio 2016, nel fornire indicazioni al proprio personale ispettivo, precisa che, anche nei casi in cui non si applica l'art. 2, può astrattamente ipotizzarsi un rapporto di lavoro subordinato, qualora gli ispettori accertino una vera e propria direzione da parte del committente, tipica del datore di lavoro di cui all'art. 2094 C.C. 

I collaboratori coordinati e continuativi devono iscriversi alla Gestione separata dell'Inps. L'onere contributivo è ripartito tra collaboratore e committente nella misura di 1/3 e 2/3.
I collaboratori non hanno diritto alle ferie retribuite e non percepiscono il trattamento di fine rapporto. La loro eventuale malattia e maternità sono a carico dell'Inps.

Co.co.co in farmacia
Il Jobs Act ha apportato molteplici novità nel campo dell’applicazione dei contratti di lavoro. Una di queste è relativa alle collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto. Le collaborazioni a progetto (le cosiddette “co.co.pro.”) non esistono più, ossia non potranno più essere stipulati contratti di tal tipo e rimangono in vita, sino alla naturale scadenza, solamente quelli già avviati alla data del 25 giugno 2015.
Questo provvedimento, tuttavia, non abolisce le collaborazioni coordinate e continuative, le cosiddette “co.co.co.”, che continueranno a esistere (seppur in ambito sempre più ristretto) e che andranno a regolare gli autentici rapporti di quel tipo.  A seguito dell’abrogazione delle co.co.pro,  pertanto, le collaborazioni  ammissibili dal 1 gennaio 2016 sono quelle previste dal Codice di procedura civile all'art. 409, (senza progetto e senza necessità di un termine finale), combinate con le previsioni contenute nell’art.2 del D.lgs. n. 81/2015.

La nuova normativa riscrive anche le regole per accertarsi della genuinità di una collaborazione coordinata e continuativa e far sfuggire la stessa a una riconduzione al lavoro dipendente.
Le collaborazioni coordinate e continuative si caratterizzano per :
1)    Autonomia. Il collaboratore stabilisce autonomamente tempi e modalità di esecuzione del lavoro.
2)    Coordinamento. In tutte le forme di collaborazione, la parola coordinata sottolinea la necessità di collegare funzionalmente l’attività del lavoratore al ciclo produttivo del committente. Il collaboratore, quindi, deve godere di autonomia organizzativa circa le modalità, il tempo e il luogo dell’adempimento, ma al contempo l’attività lavorativa deve comunque collegarsi funzionalmente e strutturalmente all’organizzazione dell’impresa.
3)    Continuità. La continuità indica una sequenza di prestazioni di lavoro ripetute in misura apprezzabile nel tempo e frutto di un accordo tra le parti. Nella co.co.co. non è previsto un tempo minimo o massimo di durata del contratto, che può anche essere rinnovato più volte.
4)    Personalità. La prestazione lavorativa è prevalentemente personale, senza l’aiuto di altri soggetti.

Continueremo, quindi, a poter usare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa senza dover definire un progetto e senza avere vincoli di durata. D’altra parte, al fine di evitare abusi, è stato previsto dalla normativa un sistema di presunzioni, in grado di far scattare il lavoro subordinato.

Il meccanismo che consente all’accertatore di ricondurre il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa al rapporto di lavoro subordinato si basa su una serie di indicatori che devono essere tutti presenti, in particolare:
a)    prestazioni esclusivamente personali e continuative;
b)    modalità di esecuzione organizzata dal datore di lavoro;
c)    tempi e luoghi organizzati dai datori di lavoro.
Ciò significa che rispetto alle collaborazioni che presentino quelle caratteristiche (pur se qualificate da un progetto), trova applicazione la normativa tipica del rapporto di lavoro subordinato, con tutti gli istituti normativi, retributivi e contributivi che da essa discendono. Quindi, in presenza di rapporti di collaborazione personali che si concretizzino in prestazioni di lavoro continuative ed etero-organizzate dal datore di lavoro si configurerà un rapporto di lavoro subordinato e non una collaborazione coordinata e continuativa.
Le collaborazione già in essere saranno considerate genuine, purché non riguardino prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi di lavoro. Ovviamente, fondamentale sarà distinguere la etero-organizzazione dai momenti di coordinamento. Ciò, in particolare, in ragione del grado di intensità del potere riconosciuto al datore/committente.  Il coordinamento, difatti, è una caratteristica propria della tipologia contrattuale in esame, compatibile con l’autonomia e, pertanto, è ammesso. Quando, invece, il coordinamento è così intenso da implicare l’organizzazione della prestazione anche sotto il profilo dei tempi e del luogo, allora il lavoro non è più coordinato, ma eterorganizzato e viene assimilato, quanto a discipline applicabili, al lavoro subordinato.

Il lavoro in farmacia

Non si può negare che il mutamento che ha attraversato il mondo del lavoro in generale ha toccato anche la professione del farmacista, per quel che concerne le tipologie contrattuali utilizzabili e configurabili nei confronti dei farmacisti collaboratori.
In riferimento alla stipulazione di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, il D.lgs. n. 81/2015 fa salve alcune collaborazioni, riportate all’art. 2 comma 2, le quali restano escluse dalla riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato. Precisamente tali tipologie di collaborazione sono:
1.    le collaborazioni normate specificamente dai Ccnl per particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore;
2.    le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione negli appositi Albi;
3.    le attività dei componenti degli organi di amministrazione e controllo di società, collegi e commissioni;
4.    le prestazioni per fini istituzionali a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche.
È fuor dubbio che tra le professioni intellettuali, per le quali è necessaria l’iscrizione in un Albo, rientri la professione di farmacista. Pertanto, le collaborazioni coordinate e continuative possono essere legittimamente svolte da un laureato in farmacia iscritto all’Albo professionale e per esse non trova applicazione la presunzione di subordinazione.
Sul punto, tuttavia, la circolare n. 3 del 1 febbraio 2016 del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, opportunamente, evidenzia che per tali tipologie di collaborazioni è astrattamente ipotizzabile la qualificazione del rapporto in termini di subordinazione, laddove, in sede di verifica, emerga la sussistenza non solo di una etero-organizzazione “ma di una vera e propria etero-direzione ai sensi art. 2094 C.C.”
Più precisamente, è necessario, perché non si configuri un rapporto di lavoro subordinato, che l’attività sia svolta in maniera, effettivamente, del tutto autonoma, al di fuori di ogni vincolo predeterminato di orario e di pertinenza e senza assoggettamento ad alcun potere direttivo, gerarchico o disciplinare, fermi restando il necessario coordinamento con l’organizzazione e l’attività del committente e la continuità della prestazione.
L’attività sarà svolta dal collaboratore con la necessaria diligenza e la dovuta perizia, in conformità alle indicazioni fornite dal committente e in modo da salvaguardarne, in ogni caso, gli interessi e le finalità.
Il coordinamento sull’esecuzione della prestazione lavorativa non potrà mai assumere forme tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore nello svolgimento della collaborazione. Le parti potranno concordare ulteriori o differenti forme e modalità di coordinamento che si mostreranno meglio adattabili, individuare per esempio anche il referente al quale il collaboratore rivolgerà ogni richiesta comunicazione o proposta sull’attività, fermo restando la necessaria autonomia del collaboratore.
Ricapitolando, è possibile affermare che è ammessa la stipulazione di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con collaboratori di farmacia, purché siano rispettati i requisiti della parasubordinazione, cioè il lavoratore  svolga in via continuativa una prestazione prevalentemente personale a favore del committente e in coordinamento con quest'ultimo, senza che sussista alcun vincolo di subordinazione.


I collaboratori coordinati e continuativi devono iscriversi alla Gestione separata dell'Inps. L'onere contributivo è ripartito tra collaboratore e committente nella misura di 1/3 e 2/3.
I collaboratori non hanno diritto alle ferie retribuite e non percepiscono il trattamento di fine rapporto. La loro eventuale malattia e maternità sono a carico dell'Inps.