Soddisfazione del cliente

È ciò a cui deve aspirare ogni azienda moderna, farmacia compresa. Soddisfazione per il bene acquistato, ma anche per il servizio ricevuto.

La soddisfazione del cliente deriva dall’incontro tra la qualità di servizio erogata e quella percepita, vale a dire dal livello delle aspettative che egli ricava dal prodotto o dal servizio che sta per ricevere. Non è sufficiente aver tenuto un atteggiamento corretto e aver esaudito la sua richiesta. Il messaggio trasmesso deve essere a misura di chi lo riceve e non di chi lo trasmette. Il cliente si ritiene, infatti, soddisfatto, solamente quando percepisce di aver ottenuto quanto si aspettava.

Esistono tre tipi di qualità erogata il cui impatto genera soddisfazione:
• la qualità attesa o implicita è quella che il cliente avrebbe ottenuto in qualsiasi altro punto vendita. La sua assenza è motivo di profonda insoddisfazione
• la qualità espressa che deriva da prestazioni apprezzate dal pubblico che resta soddisfatto solo quando viene prodotta
• la qualità attraente che costituisce un importante valore aggiunto. È legata a una prestazione inattesa, procura un elevato livello di soddisfazione, consentendo al punto vendita di differenziarsi da altri competitor.

Numerosi sono i fattori che concorrono a creare la soddisfazione dell’acquirente. Nella maggior parte dei casi non riguardano la natura materiale del bene o del servizio, ma si riferiscono ad aspetti psicologici, emozioni e sensazioni soddisfatte dal livello di servizio percepito.
Possono essere riassunti in questi punti:
Affidabilità: capacità di fornire il servizio (promesso o atteso) in modo puntuale e accurato
Reattività: disponibilità a offrire assistenza al cliente e a fornire un servizio sollecito
Rassicurazione: competenza e know-how del personale e capacità di ispirare fiducia e confidenza
Empatia: attenzione personalizzata riservata al cliente.

Non tutti i clienti, poi, sono fedeli allo stesso modo. Sono state classificate quattro differenti situazioni in cui si possono trovare i clienti. Ci sono:
• clienti mercenari,
• clienti prigionieri,
• clienti fedeli,
• clienti sovversivi.

I fattori discriminanti da prendere in considerazione sono, da un lato, la “competitività dell’offerta”, dall’altro il “livello di soddisfazione”. Nella prima un individuo può scegliere tra molti fornitori/punti vendita avendo, in genere, una percezione di scarsa soddisfazione. Sarà, per definizione, mercenario (o infedele). È la situazione tipica in cui diventa indifferente da chi acquistare, talvolta da uno, talvolta da un altro. La scelta è legata alla convenienza o a situazioni momentanee, in ogni caso non esiste rapporto o vincolo di alcun genere tra cliente e fornitore.
Un altro stato di infedeltà, invece, è quello del cliente prigioniero: possiede un basso livello di soddisfazione (anche se paradossalmente giudicato buono) per quanto gli viene offerto. Purtroppo per lui, non esistono alternative. È una caratteristica dei monopoli pubblici (e privati), ma anche di situazioni “contrattualmente” indotte, che sono anche peggiori. Tipica circostanza è quella di organizzazioni commerciali che hanno creato programmi di fedeltà che, a dispetto del nome, sono progetti di imprigionamento. Questo consumatore è definito anche “precario”. Un esempio: “siccome ho scarse possibilità di scelta -pensa il cliente- mi trovo costretto ad acquistare da te. La tua offerta è buona, ma mi sento a disagio perchè il tuo stato di monopolio ti rende arrogante anche se bravo.” Prima o poi il cliente precario si sentirà prigioniero, cominciando a classificare come difetti quelli che prima considerava pregi. L’esperienza insegna che talvolta conviene avere concorrenti per dare al cliente la sensazione di essere libero di scegliere.
Esiste, poi, il cliente fedele: quello che, intenzionalmente e in maniera spontanea, acquista sempre presso lo stesso fornitore. Il motivo è facile da spiegare: è un cliente soddisfatto. Con l’ultima categoria, quella cui appartiene il cliente sovversivo, la situazione è delicata. Si tratta di un individuo molto insoddisfatto che, appena può, abbandona il suo fornitore diffondendo la propria cattiva esperienza.

La quota di mercato di un’impresa è rappresentata dalla sua percentuale di penetrazione all’interno di un mercato globale. Può essere espressa in base a due parametri: a valore oppure a unità. Commettendo un errore, alcune imprese prestano maggiore attenzione alla quota di mercato, relegando in un secondo piano la soddisfazione del pubblico. Sotto un certo punto di vista, la quota di mercato fine a se stessa potrebbe essere un parametro superato. Quello riguardante la soddisfazione del cliente, interfacciato con la quota di penetrazione, rappresenta invece il criterio da prendere maggiormente in considerazione.

Se il livello di soddisfazione del cliente inizia a diminuire, ben presto si registrerà anche una riduzione delle vendite e della corrispondente quota di mercato. Questo è il principale motivo per cui le imprese devono costantemente monitorare il grado di soddisfazione del consumatore. Maggiore è questo indice, più elevata sarà la customer retention. Ecco quattro validi motivi per effettuare questa verifica:
1) acquisire nuovi clienti può costare molto di più di quanto sia necessario investire per soddisfare e conservare i clienti già esistenti
2) ogni anno si perdono, per cause naturali o per proprie responsabilità, un certo numero di clienti
3) una percentuale del 15-20% del tasso di abbandono dei clienti può essere recuperata, se si conoscono le cause della loro insoddisfazione
4) il tasso di profitto tende ad aumentare, nel corso del tempo, in misura proporzionale al grado di fidelizzazione dei clienti.

Una delle competenze essenziali per chiunque abbia a che fare con la vendita, o abbia un contatto diretto con il consumatore, è la capacità di scoprire i suoi bisogni. Innanzitutto definiamo i bisogni impliciti, quelli verso i quali deve essere prestata la maggior attenzione. Rappresentano, infatti, esigenze che il cliente dà per scontato siano contemplate (e soddisfatte), quando acquista un bene o un servizio. Nessuno si stupirà per la presenza di aria condizionata in una camera d’albergo, ma se l’elemento, considerato implicito, venisse a mancare, la reazione del cliente sarebbe di sconcerto e insoddisfazione.
I bisogni espliciti, invece, sono esigenze di personalizzazione e fuori da livelli standard. Nel momento in cui tutti i fornitori li soddisfano, essi diventano automaticamente bisogni impliciti. Per esempio, la connessione gratuita Wi-Fi in un hotel rappresentava un bisogno esplicito, sino a qualche anno fa. Oggi questo bisogno è diventato implicito, in quanto offerto da qualsiasi albergo.

La possibilità di misurare la pressione arteriosa era, in passato, un bisogno esplicito, perché soddisfatto da un numero limitato di farmacie, mentre oggi rientra tra i bisogni impliciti. Il test per la determinazione del tipo di pelle, al momento soddisfatto da una minoranza di farmacie, è invece ancora vissuto come un bisogno esplicito. Quest’ultima tipologia continuerà a esistere finchè tutti gli operatori non arriveranno a soddisfare il bisogno.
È importante tuttavia sottolineare come, pur rispondendo ai bisogni espliciti del cliente, fornendo quindi un servizio inatteso, non sia facile arrivare a una sua definitiva fidelizzazione. Affinché questo possa verificarsi, oltre alle due tipologie già viste, è necessario scoprire e soddisfare anche i cosiddetti bisogni latenti, quelli, cioè, di cui il cliente stesso spesso non è del tutto consapevole.