Fedeltà del consumatore al punto vendita
Solo una minima parte dei consumatori è fedele a un punto vendita. La maggior parte sceglie il negozio in virtù di offerte, promozioni o esigenze del momento
L’individuo-cliente è un soggetto unico e in continua evoluzione, diventato con il tempo sempre più consapevole di se stesso e delle sue capacità di orientare il proprio modo di vivere attraverso l’acquisto di beni e servizi. Consapevole, autonomo e indipendente, come una ricerca del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) del 2016 lo ha fotografato nell’intero contesto in cui si muove formulandone un dettagliato profilo.
La prima radicale novità rispetto al passato, con la quale fare i conti, è la profonda “infedeltà” riscontrata nell’acquirente diventato “infedele, iperinformato e persino scaltro”. Solo il 27,3% dei maggiorenni, definiti i “fedelissimi”, si reca sempre, per la spesa alimentare, presso lo stesso punto vendita. Il 12,4% effettua, invece, i suoi acquisti cambiando negozio comunque appartenente alla medesima catena, mentre il restante 60,3% risulta estremamente “nomade e girovago”. Questo individuo non ha un riferimento fisso, sceglie il negozio in funzione di offerte, promozioni o esigenze del momento. La quota di infedeli sale al 74,7% nell'abbigliamento, calzature, accessori, al 72,2% nell'arredamento, al 70% nell'elettronica e telefonia, restando elevata anche nel bricolage e giardinaggio (64,2%), nella cosmesi, nella profumeria e igiene personale (63,2%).
Nel corso di un altro studio riguardante il retail nelle sue molteplici formule, l’Osservatorio che l’Università di Parma dedica a questo mondo definiva la fedeltà come “la capacità (di un’insegna o del singolo punto vendita) di rispondere alle esigenze della clientela, misurabile attraverso la frequenza di visita e tramite i livelli di acquisti effettuati". La fedeltà -sostiene l’Osservatorio- è un traguardo che può essere raggiunto grazie alla conoscenza dei consumatori, dei loro bisogni, dei loro assidui cambiamenti, nonchè del loro livello di soddisfazione”.
Questa fiducia diventa basilare nella creazione di un legame stabile e duraturo nel tempo.
Nella costruzione di questo rapporto fiduciario bisogna tener conto di diverse variabili, tra le quali: convenienza, ambiente e caratteristiche del negozio, livello dell’assortimento, qualità dei prodotti, servizi offerti, livello di preparazione e grado di disponibilità del personale e così via. I distributori più organizzati, per esempio, sono in grado di misurare il livello di fedeltà incrociando le vendite ai clienti fidelizzati rispetto alle vendite totali, l’importo dello scontrino medio dei clienti fidelizzati e la loro frequenza di visita.
Lo studio svolto consente di ricavare alcune importanti indicazioni, che sembrano confermare come il percorso strategico della fidelizzazione venga perseguito contemporaneamente in più direzioni. Le aree più importanti per sostenere e capitalizzare la fiducia all’insegna provengono innanzitutto dalla qualità del servizio erogato (sia in termini di ambiente di vendita, sia di personale a contatto con il pubblico), dalle politiche di prezzo (di breve e lungo periodo) e dalle politiche assortimentali.
Elementi imprescindibili, ma da soli non sufficienti a sostenere e capitalizzare la fedeltà al punto vendita, sono rappresentati dalle caratteristiche dell’ambiente e dal livello di preparazione del personale. Assortimento e convenienza costituiscono, infatti, le componenti complementari su cui poggia la fedeltà. Subito dopo essa, viene incentivata dalla manovra delle leve loyalty, quell’insieme di azioni e strumenti utilizzati da un’impresa per stabilire relazioni continuative e durevoli con i clienti più assidui.
Possono riguardare programmi di fidelizzazione continuativi di breve o lungo periodo, rivolti a tutti o a specifici segmenti di clientela. La fedeltà, quindi, è il grado di fiducia che un consumatore ha nei confronti del proprio fornitore di riferimento. Essa diventa basilare nella costruzione di un legame stabile e duraturo nel tempo.
Il livello dell’ambiente di vendita e il servizio erogato dal personale rappresentano i cosiddetti fondamentali, e su questi aspetti si deve continuamente investire, perché fattori ritenuti indispensabili nella fase di fidelizzazione. Si tratta di servizi di base che, se mal gestiti, generano grande insoddisfazione, inficiando gravemente la relazione. Subito dopo, il rapporto fiduciario che si crea tra cliente fedele e punto vendita è condizionato dalle politiche di prezzo.
Il progressivo aumento delle iniziative e della pressione svolte nell’universo del retail ed esplose con l’utilizzo dei social, dei volantini e degli strumenti di comunicazione, ha prodotto nelle imprese il bisogno di una maggior vicinanza psicologica al cliente. La sua fedeltà, infatti, è diventata un punto centrale per lo sviluppo di ogni iniziativa. In un mercato in cui l’offerta supera frequentemente la domanda, diventa indispensabile migliorare la relazione con il pubblico, puntando a promozioni personalizzate.
Nel modello economico di libero mercato fidelizzare il cliente significa conoscerlo, comprenderne e prevederne i bisogni, individuarne i tempi e rispondere alle sue sollecitazioni. Il cliente avrà forti motivazioni per restare fedele se percepisce in modo tangibile nel fornitore una significativa attenzione alla sua figura. Nel processo di fidelizzazione, guadagnarsi la stima del cliente è diventata una condizione ineludibile. Egli deve riporre la massima fiducia nelle proposte commerciali che giungono dal suo interlocutore e ciò deriva sia dall’atteggiamento nelle fasi di vendita, sia dall’operato nell’assistenza post vendita. Può sembrare un paradosso, ma l’importanza dei rapporti che si basano sulla fiducia è dimostrata da questo assunto: un cliente che ha acquistato un’automobile e non ha avuto alcun problema è meno fedele di uno che ha acquistato una vettura e ha, invece, vissuto un grosso problema, ma questo è stato prontamente risolto.
L’evoluzione degli scenari competitivi ha così condotto le imprese, di qualunque livello e dimensione, ad adottare i principi della soddisfazione del consumatore. Varie fonti concordano nell'affermare che lo sforzo prodotto per mantenere clienti già acquisiti rimane comunque sia inferiore a quello che si impiegherebbe nell’acquisirne di nuovi.
L'aver convinto un individuo a comprare, non comporta, però, l’automatica conquista della sua fedeltà e non si hanno neppure certezze che l’impegno profuso nella trattativa ci consentirà di mantenerla. A seconda delle circostanze, infatti, un cliente può aver deciso di effettuare un acquisto in un determinato punto vendita:
- per impellente necessità
- per difficoltà nel reperire altrove un prodotto
- per un occasionale vantaggio economico dell'offerta, senza, con ciò, aver particolarmente apprezzato l’operato del fornitore
- esclusivamente per un fatto contingente di comodità (di vicinanza, di parcheggio, di orario…).
Equivoci o malintesi emersi durante l’atto d’acquisto, anche a nostra insaputa, possono aver minato il suo desiderio di creare un rapporto stabile e destinato a proseguire oltre questa prima esperienza.
In passato, in un sistema tradizionale, la farmacia aveva ben definito i confini di riferimento. In un sistema allargato, meno convenzionale e più competitivo, è nata la necessità di rivedere la sua posizione e il suo atteggiamento. Senza trascurare il prodotto, la marca e l’ambiente di lavoro, anche la farmacia, seppur un po’ in ritardo sui tempi, ha incominciato a dedicare maggiori attenzione e risorse al nuovo consumatore, assurto al ruolo di protagonista. Senza soluzione di continuità perché, in questo nuovo contesto di mercato, sempre più dinamico e globale, la figura del consumatore rimane in continua trasformazione.
L’analisi e lo studio del suo comportamento, ossia la comprensione dei processi e degli atteggiamenti utilizzati nelle sue attività di acquisto, è ormai fondamentale per le imprese. In particolare, il rapporto tra impresa e consumatore è diventato un processo in costante aggiornamento (e materia di studio) da cui è impossibile prescindere. Esso è stato ridefinito e convertito da semplice monologo a dialogo costruttivo, al fine di conquistare l’obiettivo primario rappresentato dalla fedeltà del cliente.
Un cliente definito da Gian Paolo Fabris, sociologo di fama internazionale, “nuovo”, maggiormente informato, più critico e consapevole. Le esigenze dei consumatori sono con il tempo diventate sempre più sofisticate, facendo nascere bisogni specifici e differenziati, molte volte conflittuali, con orientamenti diversi e contrastanti. Tutte queste considerazioni si pongono un preciso obiettivo: quello di determinare i bisogni del mercato per poterli soddisfare, rendendo disponibile un bene o un servizio adeguato. Uno strumento messo a punto dalle imprese più evolute, che si è rivelato idoneo a questo scopo fornendo precise e rapide risposte, è consistito nell’utilizzo della carta fedeltà.
Il consumatore oggi è dinamico, meno vincolato a stereotipi e forme legati al passato, più sfuggente e mutevole rispetto a modelli e convenzioni. Al di là della volontà e degli sforzi spesi per creare un rapporto di fedeltà, occorre, però, mettere sempre in bilancio anche un’inevitabile migrazione della clientela. La linea di confine tra la possibilità di mantenere un cliente e quella di perderlo diventa così sempre più sottile. Non esistono clienti sicuri, l’eventualità di perderli è insita in ogni atto di vendita.
Se conquistare e mantenere clienti comporta impegno e sacrifici, vederseli sfuggire può essere la conseguenza di un banale incidente di percorso. O, come capita qualche volta, di scarsa attitudine alle relazioni e ai rapporti umani.
Un’indagine svolta a livello internazionale dalla fondazione americana Rockefeller Foundation ha evidenziato che i clienti non tornano più, cessando di essere tali per le seguenti cause:
• il 4% cambia abitazione, si trasferisce altrove o muore
• il 37% è attratto da esperienze occasionali o dal passa parola. Sperimenta punti vendita alternativi, verso i quali si indirizza avendone apprezzato servizi e comportamento
• il 59% non è rimasto soddisfatto del trattamento, per l’indifferenza o la scarsa cortesia del personale di vendita.
Questa ricerca ha, inoltre, messo in luce come un cattivo trattamento subito dalla clientela (scortesia o incompetenza), arrechi a un’impresa conseguenze fino a cinque volte più gravi rispetto ai danni economici.
Al contrario, invece, la soddisfazione del pubblico conduce alla fedeltà, componente essenziale per la sopravvivenza di qualsiasi attività commerciale in quanto:
• riduce l’effetto delle azioni della concorrenza
• alimenta la fedeltà dei clienti, evitando sforzi per cercarne di nuovi
• consente ai clienti fedeli di trasmettere la loro soddisfazione, rassicurando i nuovi potenziali consumatori.
Un cliente soddisfatto e fidelizzato è un cliente che ritorna e acquista nuovamente. Si capisce, quindi, come sia importante per un’impresa disporre di una elevata quota di clienti certi e in grado di garantire una base di fatturato stabile e duratura.